No, non lo so davvero dove va questo post. Forse solo perché quando si parla davvero di sé, nessuno di noi sa veramente cosa dirà. O forse perché quando si guarda da vicino il cambiamento, soprattutto quando si tratta del proprio, la lucidità di analisi arriva solo col tempo.
La serata di Brooks incentrata sulla trasformazione grazie alla corsa (la cosiddetta runsformation) è un modo per guardarsi dentro. C’è chi si è sempre accompagnato allo sport, come fosse un amante di vecchia data, un fidato amico che non ti lascia mai, qualcuno con cui crescere, un fratello maggiore che c’è sempre stato. C’è chi ha scoperto di aver bisogno di essere sportivo, ad un certo punto della vita, per benessere personale, per uscire da routine faticose di lavoro e famiglia, semplicemente per sentirsi meglio.

E poi c’è chi ha scelto lo sport per salvarsi, come unica via verso il ritorno alla vita, per lasciarsi alle spalle momenti difficili, talvolta devastanti, spesso impossibili da dimenticare. C’è chi ha voluto lottare mettendo a prova il proprio fisico per curare la propria mente.
Sarà che non sono un’abitudinaria, che gli amanti di vecchia data non fanno per me, che sono io la sorella maggiore, che le mie giornate sono faticose, ma tutt’altro che una routine. Sarà che la mia famiglia è tutta dentro un cuore, quello di mio marito, indomito sportivo, ma soprattutto uomo saldo e vero, a cui ho sempre potuto appoggiarmi. E poi sarà che la vita mi ha messa a dura prova e che le sfide son sempre state il miglior carburante per ripartire. Saranno tante le ragioni, ma una è la certezza… che lo sport mi ha salvata. Salvata principalmente da me stessa, dal giudizio implacabile che ero riuscita a dare del mio passato, del mio presente, del mio futuro, del sentirsi sempre non abbastanza, non adeguata, sbagliata.

Sul palco dello spazio W37 a Milano, domenica 25 Novembre, Matteo Caccia, giornalista, ha intervistato Giusy Versace. Giusy ed io siamo praticamente coetanee, ma nel 2005, mentre io organizzavo il mio matrimonio e vivevo uno dei momenti più belli della mia vita, lei perdeva le gambe, entrambe, in un grave incidente. Aveva 28 anni Giusy. Nel 2007, però, solo due anni dopo, Giusy ha cominciato a correre ed è diventata la prima atleta donna italiana della storia a correre con una doppia amputazione agli arti inferiori.
Matteo le ha fatto una domanda, tra le altre, la cui risposta mi è entrata dentro come un coltello: perché la corsa Giusy? La risposta di Giusy è stata semplice, lineare, senza un attimo di esitazione
Ho deciso di cominciare a correre proprio perché senza gambe non potevo farlo

E allora la domanda me la sono fatta anche io: perché la corsa? Perché il triathlon? Perché lo sport di endurance? Perché uno sport che ti lascia da sola, per ore e ore? Perché uno sport dove lo scambio con gli altri è minimo? Perché uno sport dove non c’è nulla che ti distrae da quello che fai? Perché questa scelta fatta da una come me, che è sempre stata per gli sport di squadra, il divertimento prima di tutto, la socialità?
Certo l’avevo già fatto per lungo tempo, anni prima, ed era come un ritorno a casa
Certo il triathlon era lo sport di mio marito.
Certo ero circondata da amici runner e triatleti.

Ma nessuna di queste è la risposta giusta. La risposta, quella vera, assomiglia molto a quella di Giusy. La corsa e il triathlon proprio perché senza testa non li puoi fare. Proprio perché era la sfida più improbabile. Proprio perché in certi momenti stare sola con la mia mente e il mio dolore era molto più faticoso di fare un Ironman. Perché allenare la mia testa era molto più difficile che allenare il mio corpo. Proprio perché ogni ora trascorsa a mettere un passo davanti all’altro era un’ora in cui si compiva la mia trasformazione, la mia “runsformation”.
E allora è bello, in serate come queste, ascoltare persone che sanno ispirarci, che sanno ancora farci riflettere sulle nostre fragilità e essere orgogliosi della nostra forza, anche ora che siamo grandi e talvolta un po’ cinici.
E se vi va di impegnarvi ancora un po’, sappiate che per il 2020 Brooks ha lanciato il progetto Runsformation 2020: attraverso la raccolta e il riciclo delle scarpe da running usate verranno realizzare nuove piste d’atletica per le comunità di runner di diverse città italiane. Il progetto, realizzato in collaborazione con Esosport, una società che da 10 anni si occupa del tema del riciclo e dello smaltimento delle calzature sportive, prevede di riciclare più di 10.000 scarpe nel 2020.

Un po’ come se la corsa fosse un lungo ciclo, un ciclo in cui ciò con cui abbiamo corso diventa ciò su cui corriamo, in una trasformazione infinita che si chiama sport, che si chiama vita.

Un pensiero su “Quando lo sport ti cambia: la Runsformation di Brooks e piccole riflessioni sul sé”