Nella mia immensa ignoranza geografica, di quell’ignoranza per cui, fino ad una certa età, sapevo orientarmi più facilmente a New York che dietro casa, non conoscevo le meraviglie della Brianza. E poi ho conosciuto un monzese. E quel monzese me lo sono sposato. E infine ho cominciato ad andare in bicicletta seriamente… Da allora niente è stato più come prima.
Per chi non avesse mai avuto a che fare con un essere nato e cresciuto nella capitale della Brianza che lavora, che non sappia cosa sia il risotto giallo con la luganega, che non abbia mai avuto a che fare con l’orgoglio biancorosso e la cassoela, posso solo dirvi che un monzese è uno degli esseri viventi più indissolubilmente aggrappato con le unghie e coi denti alla sua terra.

Vivo a Monza. Ogni mattina prendo la macchina e vado a lavorare a Milano. Impiego un tempo infinito: 1 ora quando sono molto molto fortunata, 2 quando la sfiga, che ci vede benissimo, prende la mira e mi colpisce in pieno. Mi innervosisco, sbraito, spesso parlo da sola, inveisco contro tutti quelli che mentre guidano si fanno la manicure, leggono il giornale, giocano con l’ipad e si lavano pure i denti (giuro!). Ma c’è un momento, uno, in cui il mio cuore si apre e tutti i pensieri nivuri (come direbbe Montalbano) si dissolvono: quando nelle giornate limpide, dallo specchietto retrovisore, io vedo la Grigna e la Grignetta che si stagliano inconfondibili sul cielo terso.
Mi tolgono il fiato quando sono coperte di neve, come questa mattina, ma anche quando sono avvolte dalla canicola.

Sono in auto, sto guidando, davanti ho il traffico congestionato di immissione nella tangenziale e dietro le mie montagne. Perché sì sono le mie montagne, quelle che vedo dalla casa del Ghisallo, quelle che fotografo la mattina appena sveglia, quelle su cui poso gli occhi mentre lavoro seduta sul divano nella casetta che è diventata il nostro nido.

Ed è in quei momenti che vorrei mollare tutto, la macchina in mezzo alla strada, le ansie della vita di tutti i giorni, i pazzi che urlano e suonano il clacson, il lavoro e anche la me stessa troppo ligia al dovere. Mollare tutto e prendere la bici e risalire in sella alla vita che amo.

E poi è davvero bellissima. Elegante e femminile, aderisce perfettamente al corpo. Sul retro ha 4 tasche, di cui una impermeabile e con zip (così anche lo smartphone è al sicuro, anche sotto la pioggia torrenziale 😉)
Su e giù per le salite della Brianza, la vista della mente corre al Resegone, quel monte tanto agognato e tanto desiderato, meta di in una delle corse a squadre più famose d’Europa, e poi sale su, al Ghisallo, per scendere in picchiata verso il lago di Como, si incastra tra la Colma e il Muro, arriva a Montevecchia, abbarbicata lassù tra le nuvole, e si confonde nella pianura quasi paludosa del Pegorino, rimane incantata dalle gesta di ciclisti eroici, si ferma ad ammirare il giro di Lombardia e la gente come me, su una bicicletta, a faticare.

E’ la vista immaginifica di una ragazza un po’ cresciuta che ha imparato ad amare per amore e che ora ama e basta. Perché quando si ama non servono ragioni, anche quando si ama la vista di due monti, piccolini e innevati, dallo specchietto retrovisore di un’automobile.
