Qualche settimana vi ho parlato di come avrebbe potuto cambiare il triathlon adattandosi alle nuove regole di distanziamento sociale dettate dalla convivenza col Coronavirus. Mentre Ironman pubblica le sue nuove linee guida anti Covid-19, noi ci focalizziamo sui triatleti: sono pronti ad affrontare una gara convivendo con il virus? E come, eventualmente? Ne abbiamo parlato con un gruppo su facebook molto attivo. Ecco le loro riposte, con tanta serietà e un pizzico di ironia.
In un gruppo di Facebook molto attivo, soprattutto tra i triatleti che amano le lunge distanze, si è discusso, in questi mesi di lockdown, moltissimo di gare. Gare annullate, posticipate, rimandate all’anno prossimo. Tutti con la precisa consapevolezza che una gara non è la vita, che nessuno di noi fa sport per sopravvivere, che non siamo atleti di professione e che un anno senza competizioni non è una tragedia, soprattutto davanti a tragedie di ben altra portata.
Tuttavia lo sport è parte integrante della nostra vita di tutti i giorni e come tale viene vissuto. La preparazione per un appuntamento come un Ironman (o un mezzo) prevede spesso lunghi e costosi sacrifici, in termini di tempo e di soldi, e un grande investimento, non solo monetario ma anche emotivo. Per questo tanti di noi, al veder sfumare l’obiettivo dell’anno, sono stati più o meno delusi, c’è chi si è focalizzato su altro, chi spera fino alla fine che le gare in autunno si disputeranno, chi ha deciso di puntare direttamente al 2021.

Qualche giorno fa ho fatto a tutti una semplice domanda: ipotizziamo che il coronavirus sia qui con noi per ancora qualche tempo, ipotizziamo che gli organizzatori adattino le formule delle gare in modo da promettere un certo livello di sicurezza (considerando tutte le incertezze del caso), e quindi ipotizziamo che la gara che avete preparato per un lungo tempo si faccia, diciamo a settembre, partecipereste?
La premessa è che la gara in questione dovrebbe essere una competizione internazionale (come quasi tutti i triathlon di lunga distanza) che richiama quindi parecchi atleti da svariate nazioni.
Ecco qui, divisi in più o meno grandi gruppi, i pensieri di alcuni di questi ragazzi, gente che, ripeto, ha fatto sacrifici, anche economici e che ha famiglia e lavoro a cui pensare. Io le ho trovate davvero ispiranti. Poi in fondo, se volete, vi dico cosa farei io…

Quelli che… sì, nessuna paura del virus!
Chi sceglie la strada del sì, senza paura nei confronti del virus, ha comunque in mente le difficoltà di preparare una gara così impegnativa in condizioni ben lontane dall’essere ottimali. L’Ironman è un viaggio fatto di tanti piccole e grandi decisioni, di sacrifici e di tempo, spesso sottratto alla famiglia e agli amici. Un viaggio che dura ben più del tempo di gara, che parte da lontano e per cui serve tanta convinzione da mettere in campo. Non è facile pensare di arrivarci dopo un periodo che ha portato tante incertezze, tra paure per la salute, difficoltà ad allenarsi (il nuoto azzerato per mesi) e poca serenità in generale dovuta ad una situazione così inusuale e straniante.
C’è chi lo sceglie perché, in modo molto razionale, crede che se ci fosse data la possibilità di gareggiare significherebbe che sono presenti le condizioni, di sicurezza, per farlo. Chi è fatalista e crede nel destino, chi crede che in fondo, da triatleti, si facciano cose potenzialmente molto più pericolose, come andare in bici, e chi ha lavorato per tutto il lockdown e ha affrontato rischi maggiori di una gara di triathlon.

E poi c’è chi scherza sulle ridotte scie (finalmente) in bici per paura del contagio e chi si dice pronto comunque a gareggiare domani, senza se e senza ma.
Perché se fosse troppo virulento o troppo pericoloso sono certo che non organizzerebbero nessuna gara Ho molto timore invece di riuscire ad organizzare sia mentalmente che in pratica una gara che potrebbe essere soggetta a mille variabili.
Claudio B.I.
E anche Alessandro è della stessa idea: “…più del virus fa la mente perché allenarsi per un Ironman significa sacrificare tantissimo tempo ed energie e vedersi rimandare o annullare la gara è una grossa “mazzata” al morale, che non puoi prendere spesso”.
Alessandro P.
Io ho ripianificato tutte le gare da agosto 2020 in poi. Samorin 16 agosto, Klagenfurt 20 settembre, Costa Navarino 25 ottobre. Si, se me le fanno fare, farò tutte le gare. No non ho paura del virus. Ho la ferma convinzione che un virus che colpisce lo 0,33% della popolazione (in Italia) e che fa lo 0,04% di morti è inferiore, nei rischi, ad andare in bici nel traffico.
Antonio R.
Se un evento che coinvolge un numero così alto di persone viene effettuato significa che sono ragionevoli condizioni affinché possa avvenire in sicurezza (teorica). Io parteciperò! Forse annegherò, ma ci sarò
Alessio G.
Do per scontato che per poter svolgere una gara ci siano le condizioni di sicurezza. In autunno non avremo probabilmente il vaccino, ma auspico che il rischio sia di gran lunga più contenuto. Una cosa pero’ mi incuriosisce: che sia la volta buona che ci siano meno scie in bici?
Enrico B.
A me colpisce che solo ora la gente si renda conto che siamo immersi sempre dentro a batteri, virus, schifezze contagiose. Io non ho paura e lo farei.
Laura C.
Assolutamente sì! Non ho mai smesso di lavorare, o meglio sono stato costretto a lavorare incontrando decine e decine se non centinaia di persone ogni giorno (sconosciuti ),di ogni etnia, età , con la mascherina sotto il naso,o anche la bocca scoperta per parlarti perché più comodo,ho condiviso gli stessi bagni ,stessi luoghi chiusi,le aree relax …ecc! Penso che in gara rischierei molto meno.
Marco C.
Se dovesse davvero svolgersi una gara in autunno vorrebbe dire che saremmo quasi fuori dal tunnel …e quindi io si, la farei. Sono fatalista.. potrei prenderlo anche in coda al supermercato.
Luisa F.
Perché sì… io gareggerei anche domani
Claudio B.I.
Quelli che… non so e aspetto…
C’è un importante (numericamente) partito degli attendisti. Quelli che credono che, in fondo, si possa anche aspettare a decidere. Che si allenano comunque come se, ma che vogliono stare alla finestra e vedere. Vedere come mutano le condizioni generali, come reagiscono i Paesi Europei, come si sentono dentro e fuori. Ci sono componenti psicologiche importanti nell’attendere, nello stare alla finestra, nel comprendere cosa si possa e non possa fare. A questi atleti il merito di una grande forza mentale di continuare ad allenarsi per un obiettivo che potrebbe “sparire” (anche per loro scelta) da un momento all’altro.

In una situazione così mutevole non me la sento di decidere adesso, mi prenderò tutto il tempo utile prima di decidere. Vivo vicino al mare, se riaprono le spiagge in Sardegna si può già nuotare e quindi c’è tutto il tempo di arrivare preparati al 19 settembre, però adesso le incognite e le paure sono tante!!!
Gianni M.
Una decisione adesso per una gara in autunno potrebbe essere una decisione azzardata; in entrambi i casi. Il mondo sta cambiando rapidamente e gli ultimi mesi ce lo hanno insegnato alla grande. Io continuo ad allenarmi sperando che a settembre (Cervia) si possa gareggiare. Io lo farò ma solo se ci saranno le condizioni di sicurezza. Mesi e mesi di allenamento non valgono niente rispetto alla vita stessa che non deve mai essere messa in pericolo.
Luca P.
“Io aspetterei a valutare il tutto tra 3 mesi.
Alberto F.
Sfondi un portone…passi il “non fare “ adeguati allenamenti, per male che vada la gara si finisce in allegria…..ma questo (la sicurezza ndr) è proprio il punto sul quale a mio parere l’organizzazione IRONMAN ancora tentenna….e spera, spostando il più possibile verso la fine estate molti eventi. La speranza è che la ricerca farmaceutica fornisca una soluzione definitiva, ma la componente psicologica è, e rimarrà, molto forte. Per questo che francamente penserò mille e mille volte se andare oppure no…
Gianluca B.
Quelli che… no perché…
Il partito del no è numerosissimo e le motivazioni sono molteplici. Tanti semplicemente non vogliono ammalarsi, non per una gara, non per quello che dovrebbe essere un divertimento. E chi non intende rischiare di “portarlo a casa” il virus, divenendo una possibile fonte di contagio per figli o mariti e mogli. C’è chi pensa anche agli accompagnatori e alla loro giornata già lunga e difficili in condizioni normali (posso testimoniare direttamente ndr) e a che inferno diverrebbero con tutte le restrizioni e le regole previste per il contenimento del virus. Chi pensa all’investimento ulteriore per viaggio e albergo potenzialmente da cancellare all’ultimo e anche chi, francamente, non si sente abbastanza pronto, perché non si è allenato abbastanza o abbastanza serenamente vista la difficile situazione anche chi pensa ad un paese provato dall’emergenza sanitaria e dove le risorse (gli operatori) scarseggiano già così o sono comunque impegnati in altro. E infine c’è chi pensa all’Ironman, che è ciò che condivido più di tutti, come una grande festa, un momento di gioia e di condivisione, con riti piccoli e grandi: il giro all’Expo, la cena con gli amici la sera prima, il sostegno dei bambini con i loro spugnaggi improvvisate e le loro mani alzate, gli abbracci degli amici. Tutti momenti impossibili da vivere perché non conformi alle regole del distanziamento sociale. E allora perché gareggiare se non ci si può emozionare appieno?

Premetto che al primo Ironman di Cervia sono stata volontaria proprio alla finish line e ho visto il pronto soccorso allestito, posso dirti che sono un po’ perplessa e divisa dentro di me. Per il 2020 sono iscritta a Cervia, ma lo sposto al 2021. Npn tanto per paura, ma perché sono consapevole di non arrivare in forma con gli allenamenti sufficienti. A questo punto sto valutando comunque la possibilità di fare un 70.3, magari in Slovenia. Il mio discorso è: il triatlon ormai è una parte di me stessa, uno stile di vita, come per tutti noi. Io però sono mamma di due bimbe ho una famiglia bellissima che viene al primo posto nella mia vita. Sul serio voglio rischiare di prendermi questo virus per una gara, potendo aspettare qualche mese in più nel 2021? Vero, posso prendere il virus ovunque, però non mi sembra giusto andarmelo a cercare. Poi, si faranno veramente le gare?Almeno per quanto riguarda l’Italia e il suo sistema sanitario dobbiamo dire che è già un sistema fragile. Teniamo presente tutti i volontari medici, infermieri, soccorritori, paramedici e ambulanze di cui si ha bisogno in una gara. Al momento sono tutti molto impegnati nel loro lavoro. Veramente il governo, rinuncerebbe a queste risorse per una gara quando c’è una emergenza sanitaria in corso? Ho visto coi miei occhi nella tenda di pronto soccorso del primo Ironman a Cervia due sale pronte e allestite per intervenire in caso di emergenza, con ovviamente il personale necessario. Oggi, non credo che sarebbe possibile avere tutto questo personale per garantire la sicurezza dei partecipanti. Nonostante tutto, spero vivamente che le gare riprendano al più presto, perché vorrebbe dire che il pericolo è minimo, magari “quasi” inesistente.
Vanessa N.
Io ho appena spostato l’Ironman di Cervia al prossimo anno. Soprattutto perché sarei arrivato magari anche preparato ma non sereno! Mi spiego meglio: avrei passato questi mesi con il pensiero di non essere veramente pronto!! E poi effettivamente gli sputacchi in una gara del genere sono inevitabili
Giacomo F.
Personalmente no. Salvo che trovino un vaccino prima.
Marina S.
Allora, andiamo con ordine, se ad inizio pandemia facevo dei conti, rivelatisi assurdi ed inutili,, adesso dico no non lo disputerei. Purtroppo con la quarantena, le misure di sicurezza sanitaria le restrizioni la mente pensa per un buon 80% del tempo a questa malattia. Quindi viene a mancare , oltre alla condizione fisica, anche quella leggerezza mentale , quella voglia di faticare/divertirsi che trascende dal fatto che siamo sempre immersi in virus e batteri , come puntualizzava qualcuno in un commento. Spero vivamente che con il ritorno , GRADUALE, alla normalità questi pensieri negativi , circa il rischio di stare felicemente ammassati sulla linea di partenza , vengano somatizzati come tutti i rischi che la vita porta con sé.
Cristiano F.
Io sono iscritto a Klagenfurt e Cervia… Che ora sarebbero concomitanti. Klag lo sposto al 2021 e con Cervia penso farò lo stesso. Come sempre hai affrontato un argomento giusto e per me è un pensiero fisso. Continuerò ad allenarmi per sentirmi parte del circo sempre ma senza garanzie (neanche so quali potrebbero essere) avrei paura a partecipare in una gara di triathlon
Simone M.
Penso che vada messo sul il piatto della bilancia un po’ tutto! Ti alleni non al massimo della concentrazione, ti esponi potenzialmente ad un rischio altissimo visto il momento, non sarà una festa, come dovrebbe. ma un guardarsi le spalle! A tutto questo si aggiunge l’incognita su regolamenti e legislazioni delle varie nazioni che in questi momenti potrebbero bloccare tutto anche qualche giorno prima della gara. Aggiungiamo enormi spese per gli spostamenti e prenotazioni! No, direi che non fa per me. Personalmente ho spostato già al 2021 la gara principale di quest’anno è ho lasciato solo il 70.3 vicino casa in programma per fine ottobre.
Marco O.
Anche se le condizioni dovessero rimanere quelle attuali, anche se il distanziamento fra gli atleti fosse possibile con accortezze varie e con tutti gli atleti che si attengono alle disposizioni, il miglior punto di vista che ho sentito è quello di mia moglie. Mi ha detto”io non voglio andare in un posto in cui devo preoccuparmi ogni istante di stare a debita distanza, di usare i guanti, di tenere la mascherina, di non toccare nulla, di non potermi rilassare neanche per un istante, per tutto il giorno!” Ha ragione: la giornata degli accompagnatori è già abbastanza lunga in condizioni normali, non può diventare una tortura, perché alle lunghe ore di attesa si toglie anche tutto il divertimento e si aggiunge ansia. Allora non ne vale davvero la pena.
Mirko P.
Siccome la domanda è retorica, rispondo anch’io che non gareggio più e non mi alleno, è la mia risposta è no, per come vedo io l’Ironman deve essere una festa: si va qualche giorno prima con il gruppo, si cazzeggia all’Expo e poi c’è la gara, non avrei la serenità necessaria per divertirmi
Giampaolo G
Sono uno che rischia, ma la sensazione di venir intubato (mi è già capitato) vorrei serenamente evitarla
Dice Luca M., che si dichiara anche non più abbastanza giovane per rischiare per una gara).
La domanda è chiara. E io do una risposta chiara e rispondo no . Non lo farei e rinuncerei anche alla spesa fatta se non lo rimandano. Non rischierei di andare in mezzo a tutta quella gente. Il rischio sarebbe mio, ma anche dei miei famigliari nei giorno a seguire. L’altro giorno guardavo la partenza del mio ultimo Ironman, ero in mezzo a migliaia di persone. Come sarebbe possibile farlo ora?
Donato G.
Assolutamente NO…. NUOTO…..ZONA CAMBIO…. TENDONI UNO ATTACCATI AGLI ALTRI….Ristori nella corsa con tutta acqua e bevande che colano…. Assolutamente da VIETARE.
Attilio D. F.

Quelli che… l’organizzazione alternativa…
Qualche tempo fa scrissi un post dove chiedevo se qualcuno se la sentisse di farlo in “solitaria” organizzandosi i vari cambi e kilometraggi. Qualcuno ha gradito l’ idea, qualcuno ha criticato. Adesso probabilmente se si vuole fare un IM quest’anno, questa sarà la modalità. Io me lo sto già organizzando, le misurazioni le ho già fatte, e per rischiare di meno vado di Gravel. È una sfida con me stesso. Se poi le cose dovessero cambiare, speriamo in meglio, nessun problema.
Alessandro S.
...e quelli delle motivazioni alternative
Mi fa piacere chiudere con il pensiero di tre amici, Emilio, Alberto (HJjj) e Phil che lanciano spunti di riflessione, che propongono motivazioni differenti e riflessioni più ampie. In un momento in cui tutti noi abbiamo dovuto affrontare sfide assolutamente inedite forse è venuto il momento di rivedere (almeno temporaneamente) la nostra concezione dello sport, della competizione e perché no… della vita.
Credo che sia abbastanza prematuro sapere quale sarà realmente la situazione nei prossimi mesi e molto soggettivo il rischio considerato accettabile. Per certi di noi ci sono situazioni lavorative, di trasporto pubblico, di spazio condiviso che senz’altro ci espongono al rischio di contrarre la malattia decisamente superiore alla partecipazione a una gara di triathlon. Che poi: non è che il virus si può evitare per sempre. Questo non significa che si tratti di un rischio da sottovalutare. Personalmente mi sentirei meno a mio agio su un aereo che in partenza di una gara, che credo entro certi limiti i triathlon possano essere organizzati in modo da limitare il contatto tra gli atleti, in definitiva il triathlon una volta partito è uno sport individuale. Però quale è il senso? Gli IM sono una priorità? Credo di no. A parte questo mi pare che a mancare rispetto alla competizione sia la disposizione d’animo. Forse questo è un anno buono per mettere a frutto anni di allenamento per sfide personali mai raccolte: attività outdoor individuali, trekking o viaggi sportivi avventurosi in autonomia, sport e abilità nuove da acquisire, raid ciclistici, volontariato, il personal best sulla salita test dietro casa, la possibilità di trasmettere la propria passione a dei bambini o dei ragazzini, io mi sono messo in quest’ordine di idee e la motivazione ad allenarmi, per quanto posso fare, è immutata. Delle gare, per un anno se non ce le fanno fare, per me non è un problema. Se ci sarà la possibilità con sicurezza, in autunno, forse abbiamo il dovere di ripartire perché il nostro sport è anche in grado di sostenere economicamente luoghi e comunità.
Emilio P.
Alberto fa un discorso molto lungo e articolato su tutto quello che gli manca delle gare: farmi un week end con famiglia e amici per un 70.3 o ancora meglio un 140.6, vivere il pregara, ritirare il pettorale, portare la bici in zona cambio e farmi le mie solite 1000 seghe mentali (ruote ok? Barrette ok? Nel casino trovo la bici? La borraccia sotto il sole andrà bene?). Poi rifletto, al netto del virus, della sua bastarda pericolosità (che esiste, che tu sia giovane o meno, perché potresti portarlo in famiglia, dove magari ci sono persone realmente a rischio, che non hanno il fisico e i polmoni per farsi 226km), penso alla normalità che vogliamo respirare, la normalità che ci piace, che cerchiamo noi triatleti nello stare ammassati prima di entrare in acqua, nella borraccia che ti passa un volontario in bici, nel dare del 5 nella corsa … siamo sicuri che troveremmo questa normalità? Se la distanza che cerca la gente, il vedere la persona che hai a fianco sempre come un pericolo, fosse entrata anche nel nostro “mondo” …. che gare sarebbero? Saremmo liberi di vivere le nostre emozioni, quello che ci portano sfiniti ma felici alla Finish Line? In questo “momento storico” non penso. Non potendo vivere questa normalità non andrei sereno.
Alberto
Ma siamo Atleti, sappiamo aspettare, pazientare e in particolare siamo esperti di Finish Line… taglieremo la Finish Line di questo periodo e tutto tornerà come prima, come piace a noi. Non siamo a box, ci stiamo comunque allenando trovando le soluzioni più innovative e questo è il più grande segnale di speranza e ottimismo, più di un “hanno spostato la gara ad ottobre”, perché noi saremo sempre pronti, come fisico e come Testa. Teniamo duro.
Phil concorda con Emilio e ha scelto di provare qualcosa di nuovo. Ho preso una gravel e pedalerò per puro divertimento magari facendo qualche percorso da due o tre giorni che non ho mai fatto. IM è una festa e secondo me quest’anno non abbiamo il mood giusto.
Phil B.

Letto quasi tutto con interesse. Per me il Triathlon sono le brevi e medie distanze. Ho fatto tre Super Lunghi e mi sono appagato.
Per conciliare sport, famiglia e lavoro le distanze del triathlon sono Sprint ed Olimpico, secondo me.
Poi una cosa mi rattrista, …… sentir chiamare i Super Lunghi “IRONMAN” é un po’ come chiamare il paracetamolo “ASPIRINA”. Niente toglie alle bellissime gare organizzate dal BREND più famoso del mondo, però i professionisti, gli addetti ai Media dovrebbero chiamare Lungo e Super Lungo questi Triathlon a meno che il marchio citato non gli dia legittimamente un profitto. State bene e , ……. il triathlon é uno stile di vita! Se fai solo i super lunghi, presto smetti per i più svariati motivi.
Marino
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Ciao Marino, grazie del tuo contributo. Nel gruppo citato si parlava di IRONMAN proprio perché ci si riferiva a gare del brand IRONMAN. Tra i partecipanti ci sono anche alcuni abbastanza “vecchi” (inclusa me) da considerare ancora l’Ironman una distanza e non un marchio. Ma in questo caso si discuteva di gare a marchio IRONMAN quindi correttamente ci si riferiva con il nome del brand alle competizioni. A presto e grazie per il tuo interesse 😘
PS Il paracetamolo è la tachipirina, l’aspirina è acido acetilsalicilico 😛😘❤️
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Grazie comunque a Voi per avermi consentito questa mia precisazione che assume quindi carattere più generale.
Per il farmaco indicato, escusa l’errore, non toglie nulla a quello che io volevo dire, però grazie anche per questa precisazione.
Buon lavoro.
Marino
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Figurati, mi fa sempre piacere uno scambio e sono, in generale d’accordo con te, che andrebbe garantito a chi organizza gare di lunghissima distanza il giusto merito, senza accomunarle sotto un brand. Io per dire sono una fan dell’Embrunman che a mio parere è una delle gare più belle in assoluto in circolazione. Per la medicina era più che altro una battuta tra di noi, ho perfettamente capito cosa intendi. 😘
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Grazie,
plaudo alla tempestività nelle risposte ed allo “stile” usato nello scambio di idee.
State Bene TUTTI!
Marino
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Bellissimo post
Passa nel mio blog se ti va 😉
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Grazie Giulia. Molto volentieri passo dal tuo blog 😘
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