Mi ci è voluto un po’ a testare le 361 Pacer ST. Si tratta però di un ritardo incolpevole, non è che non sapessi bene cosa dire, è solo che ogni volta che le utilizzavo scoprivo qualcosa di nuovo da raccontare. E alla fine eccoci qui, dopo averle già calzate per più di 200km (e avendoci fatto solo lavori di velocità) finalmente posso dirvi quanto e perché mi hanno soddisfatta
Allora, premettiamo che volevo un paio di scarpe veloci. Nel periodo del lockdown primaverile (e qui in Lombardia siamo da capo, chiusi in casa, anche se uscire a correre, da sola, per ora me lo concedo) avevo letteralmente distrutto un paio di 361 Feisu. Dopo l’off-season (che quest’anno è seguito ad una season inesistente dal punto di vista delle gare), in genere mi piace dedicare i mesi pre natalizi alla corsa. Lavoro non solo sulle distanze, anche sulla tecnica e sulla velocità, per questo le 361 Pacer sono arrivate, come si suol dire, a fagiolo.

Sono una fan dell’essenzialità dei prodotti 361, mi piace correre con un paio di scarpe che sai perfettamente come risponderanno, senza grossi fronzoli. So Pacer ST, here it comes…
Prima sensazione inaspettata: il comfort. Da un paio di scarpe “reattive” non ti aspetti che siano estremamente confortevoli e invece. Ovviamente non è come infilare un paio di pantofole, ma il piede non è dolorosamente costretto (io soffro particolarmente) anche se fate quelli che io chiamo “lunghi allegri” (e non perché rido tutto il tempo 😂).

Le Pacer sono stabili, con una buona ammortizzazione anche se correte a lungo, soprattutto se siete runner esperti e avete un’efficiente tecnica di corsa .

La suola è una combinazione di gomma soffiata nella parte anteriore e carbonio nella parte posteriore. La trazione mi è sembrata perfetta, ho testato le scarpe correndo anche in giorni piovosi e con il terreno particolarmente viscido e non ho avuto problemi neppure nelle brusche accelerate.

La piastra di propulsione incorporata si estende dal tallone alla parte centrale del piede e, sebbene dia alla scarpa un po’ di scatto e una corsa più pulita rispetto ad alcune scarpe ad alta flessibilità, lo scopo è più di stabilizzazione/transizione del mesopiede che di rimbalzo o di quello che io definisco “effetto WOW” (del tipo che quando correte dite WOW come spinge questa scarpa).
La tomaia è costituita da un doppio tessuto jacquard con una fascia mediale Morphit che fa il suo lavoro tenendo il piede in posizione. Il piede risulta stabile e allo stesso tempo “spinto”.

La traspirabilità è buona, ho provato le 361 Pacer ST anche in condizioni piovose e devo dire che non si inzuppano e non sembrano diventare più pesanti. Testare la traspirabilità in condizioni di umido e pioggia è un tantino “essenziale” e poco raffinato, ma mi dà sempre una buona misura di quanto una scarpa lasci traspirare il mio piede!
In tutte le 361 che ho provato ho apprezzato la linguetta: anche le Pacer ne hanno una che a) non comprime b) sta in posizione perfetta sempre: non si muove mai a destra e a sinistra neanche quando la velocità è elevata. Non so voi ma io non sopporto le scarpe in cui, quando corri, ti ritrovi la linguetta tutta storta e che crea fastidiosissime frizioni.

La morbidezza interna e la pressochè assenza di cuciture le rende ideali anche da indossare senza calze nei triathlon veloci con l’unico neo dell’assenza di una asola posteriore per agevolarne la calzata.
Il design a me sembra fantastico. So che non ha nulla a che fare con le prestazioni della scarpa, ma in fondo uso così spesso le scarpe da corsa che mi piace quando le trovo anche gradevoli da indossare. In particolare ho apprezzato la combinazione dei due colori, entrambi sgargianti e ben equilibrati.
Peccato non poterle utilizzare in una mezza maratona veloce nei prossimi mesi, ma verrà il tempo delle gare in tutta sicurezza, quando questo lungo tunnel chiamato pandemia sarà finito. Per ora corriamo soli e cerchiamo di stare il meglio possibile.
