Ed eccoci qui. Doveva capitare prima o poi.
Infortuni gravi, davvero, nella mia carriera di triathleta, non ne avevo ancora dovuti affrontare.
Certo c’era stata quella lussazione della spalla, tanti anni fa, che era tornata a farsi sentire nel 2016, dopo la maratona di New York. Come a dire: lo sai vero che non sono sana? Lo sai vero che ti tormenterò? Ma proprio da quell’incidente avevo trovato la forza, la motivazione, la spinta per iscrivermi al mezzo Ironman di Cascais. Era stata la mia ulteriore rinascita sportiva.

New York 2016 – Pre maratona
Questa volta invece non è così: due lussazioni in poco meno di due mesi in questo 2018. L’ultima per un movimento banale e quotidiano e allora la parola infortunio, quello vero, fa capolino nel mio vocabolario e sembra rimanerci in modo stabile.

Con Anna. La sera dell’iscrizione al Mezzo Ironman di Cascais. Io con la spalla lussata- Novembre 2016
Tempo di Intervenire

Mai più salite faticose
E così domenica sera la lussazione, il dolore, l’ospedale, le lastre, la manovra per ridurre la spalla e di nuovo il tutore. Poi ancora dolore e la sensazione che quella spalla, al suo posto, proprio non voglia stare.
Dottori, chirurghi, risonanza, ancora sofferenza e difficoltà a fare qualunque cosa. Vestirsi, dormire, persino camminare. Preoccupazione per il lavoro: riesco a scrivere solo seduta sul divano, col computer sulle gambe e dopo un po’ la spalla brucia e il dolore si insinua anche nei pensieri. Fatico a reagire.
Infine il verdetto: si deve operare. Così non puoi più nuotare, andare in bici, persino correre. Così rischi di lussarti la spalla ruotando il braccio per prendere qualcosa nella borsa. Non puoi vivere in questo modo. Interveniamo e torni come nuova.
Certo… ma in quanto tempo? Tanto. Troppo. 2 mesi per tornare a correre. Un po’ di più per la bici. Troppo tempo per tornare a nuotare. Non ci voglio neppure pensare.
Maledetta spalla…
D’un tratto è tutto chiaro, cosa significa tutto questo. Vuol dire rinunciare al mio obiettivo. A quello che avevo sognato e coltivato. A quello per cui mi sono allenata in tutti questi mesi. Al desiderio di sempre. Devo rimandare. Forse l’anno prossimo. Forse mai più.
Perché sì, certo che l’ho pensato: io mollo. Mollo tutto. Torno ai miei libri. Al mio divaning (per chi non sapesse cos’è, qui potete leggerlo). Basta con lo sport. Con la paura delle nuotate in acque libere, con le fatiche del mettersi e togliersi la muta, basta con le salite da mozzare il fiato in bici, con le levatacce per andare a correre. Basta con il dolore ai muscoli, alle gambe, alla schiena. Basta io dico basta.
… benedetta spalla
E poi torno a casa, dopo che mi hanno detto che l’intervento sarà Martedì 3 Aprile. All’Humanitas, a Rozzano, mi opererà un chirurgo che ha visto spalle di sportivi veri, non come me.
Torno a casa e la mia maglietta da corsa è ancora lì, pronta ad essere riposta nell’armadio, dopo l’ultimo allenamento.
Su un mobile c’è la coppa che ho vinto l’anno scorso al Lido delle Nazioni, tagliando il traguardo con Leo in braccio. Quella che mio nipote di neppure due anni stringeva tra le manine mentre mi guardava come se fossi il suo idolo ed io con la sensazione di felicità che neanche una medaglia olimpica mi darebbe.

Leo io e lei… la coppa
Le mie scarpe da bici riposte accuratamente.
Gli occhialini che mi hanno regalato Andrea e Anna (che nuota parecchio meglio di me e quante volte mi ha rasserenata nel mio panico da frazione natatoria) e la cuffia della mia squadra, pronti per la prossima nuotata.

Anna, io e il nuoto
Soprattutto le mie foto. Quelle in cui corro, in cui mi alleno, in cui sono seduta sulla mia bici, in cui taglio un traguardo. Quelle in cui la felicità si respira, anche attraverso le immagini. Quelle che mi raccontano come il triathlon è stato la mia forza, la mia condivisione con l’amore della mia vita, la nostra passione verso il futuro, talvolta la nostra ancora di salvezza.
Penso a quante volte dopo una gara, con Simone, ci siamo raccontati le nostre emozioni accavallando le voci, ridendo un po’ stanchi e un po’ pieni di adrenalina e facendo cose stupide così, solo per farle.
Allora chiedo a mio marito di aiutarmi, mi cambio e salgo sulla bici da spinning, con il braccio destro dentro il tutore, e comincio a pedalare e pedalo, pedalo, pedalo fino quando non sono sfinita. Quando scendo, dopo 1 ora e mezzo, mi fa male tutto, per la posizione strana, la fatica, il tutore al braccio. Ma almeno la mia mente si è schiarita.
Perché col cavolo che mollo, maledetta spalla! Col cavolo che smetto di ridere ogni volta che prendo l’ultimo respiro e conquisto una cima! Col cavolo che rinuncio a far spaziare la mia mente mentre le gambe girano! Col cavolo che dimentico cosa significa uscire dall’acqua e pensare che anche questa volta non sono annegata! Col cavolo!
E sai cosa ti dico, benedetta spalla, che quando tornerò in sella sarò ancora più forte, immensamente più forte e sarà solo merito tuo: Benedetta Spalla!

Madonna del Ghisallo. Pasquetta. Sotto questa statua ho fatto la prima foto dopo essermi sposata dentro la chiesetta della Madonna dei Ciclisti. Tornerò su quella bici! Presto!
PS Da domani non so quanto potrò scrivere, cercherò di aggiornarvi, qui o su Instragram. magari grazie a mio marito che mi farà da scrivano. Nel frattempo tifate per me come se stessi facendo Kona!